Il tumore alla prostata interessa la popolazione maschile di età superiore ai 50 anni e la sua incidenza è in continuo aumento; questo tumore rappresenta la seconda causa di morte per neoplasie e la terza in ambito oncologico. I dati epidemiologici indicano che nel maschio adulto 1 tumore su 4 è un tumore prostatico. Il tumore alla prostata ha spesso un’evoluzione lenta.
Tumore alla prostata: di cosa si tratta?
Il tumore della prostata consiste in una neoplasia che origina dalle cellule ghiandolari secretorie. Per tale motivo è definito adeno-carcinoma e la sua evoluzione è influenzata dall’assetto ormonale del paziente. La regione della ghiandola dove più di frequente origina la malattia è la zona periferica della prostata. Questo spiega come mai la sintomatologia sia generalmente assente negli stadi iniziali e si accentua invece solo negli stadi avanzati della malattia quando, ad esempio, vengono coinvolti altri organi. Sintomi che possono comprendere: ritenzione urinaria, sangue nelle urine e nello sperma, edema (gonfiore) agli arti inferiori e, in caso abbia sviluppato metastasi, dolore alle ossa.
Le cause
Le cause del tumore alla prostata sono poco conosciute ma fattori ormonali e genetici ne influenzano lo sviluppo, così come un ruolo importante viene giocato da fattori dietetici. Una caratteristica della neoplasia prostatica è quella di produrre in maniera esagerata una sostanza chiamata PSA (antigene prostatico specifico), facilmente dosabile attraverso un prelievo del sangue.
La diagnosi di tumore alla prostata
Ogni soggetto di sesso maschile a partire dai 50 anni dovrebbe eseguire una visita dall’urologo In caso di sospetto tumore alla prostata, al paziente viene prescritto un esame del PSA, l’antigene prostatico specifico marcatore di questo tipo di tumore e una visita. Generalmente segue una Ecografia prostatica trans-rettale ed eventualmente una biopsia prostatica Negli ultimi anni è stato introdotto l’utilizzo della RM multiparametrica della prostata, anche prima della prima biopsia, che permette di individuare potenziali aree sospette per tumore e quindi eseguire delle biopsie prostatiche mirate con tecnica di fusione d’immagine (biopsie prostatiche di fusione).
Quali sono i trattamenti possibili per il tumore alla prostata?
Avendo il tumore alla prostata ha un’evoluzione molto lenta e non sempre diventa necessario intervenire farmacologicamente, chirurgicamente o mediante radioterapia.
In caso di tumore prostatico in fase iniziale e a basso rischio di progressione, il paziente deve attenersi a un costante e regolare monitoraggio, che consenta allo specialista di rilevare eventuali segnali di peggioramento. Se, invece, è necessario un intervento chirurgico, questo può prevedere una prostatectomia radicale a cielo aperto o una prostatectomia radicale robotica (RALP). Questa terapia permette un’ottima prognosi con un tasso di sopravvivenza a 10 anni che si aggira sul 90% anche se a volte può causare complicanze quali disfunzione erettile (circa il 60%) e più raramente incontinenza urinaria (circa il 7%).
La radioterapia risulta essere un trattamento efficace, specie negli stadi iniziali del tumore alla prostata, anche questa però può presentare delle complicanze quali deficit dell’erezione (dal 25 al 50% dei casi trattati) oppure disturbi irritativi delle basse vie urinarie con possibili quadri di “urge incontinence”.
Nel caso in cui non sussistano le condizioni generali e/o locali per uno di questi trattamenti vi è la possibilità di eseguire efficacemente un trattamento ormonale antiandrogenico con farmaci che agiscono sia centralmente (analoghi LHRH) che perifericamente (Bicalutamide, Flutamide ed altri) inibendo l’azione di stimolo da parte degli androgeni sulle cellule tumorali prostatiche e ritardando così la progressione della malattia.